Processi NOTAV

SI PARTE E SI TORNA INSIEME

Mercoledì 21 novembre a Torino è cominciato il processo a 45 militanti No TAV, colpevoli di aver resistito allo sgombero della Maddalena il 27 giugno 2011 e di aver assediato il cantiere militarizzato di Chiomonte il successivo 3 luglio. In realtà in aula si è fatto solo un breve appello e si è rimandato l’inizio del processo al 21 gennaio a causa di vizi di notifica ad alcuni imputati, ma nonostante questo l’udienza è stata vivace e a tratti molto emozionante.

Da Monza e da Milano abbiamo partecipato più volte alle iniziative No TAV e siamo partiti quasi in cinquanta per portare la nostra solidarietà a chi viene processato per una lotta che sentiamo anche nostra e che continuiamo a portare avanti.
In stazione Centrale, ancora prima di partire, siamo stati accolti da più di quaranta poliziotti che hanno bloccato l’accesso al binario con un cordone di celerini in assetto antisommossa, ordinandoci di aprire tutti gli zaini per una perquisizione e minacciando di impedirci la partenza. Non può sfuggirci il carattere anomalo, provocatorio e completamente pretestuoso di questo gesto. Il triste precedente di appena un mese fa, quando il pullman milanese per il corteo a Ravenna contro la CMC è stato fermato in partenza per una perquisizione, ci fa pensare che questo metodo intimidatorio sia congeniale al nostro nuovo questore. In entrambi i casi abbiamo ritenuto più giusto e più utile soddisfare le richieste della DIGOS piuttosto che perdere il corteo e il presidio, ma non siamo disposti a tollerare che questa triste messinscena diventi una prassi, ripetendosi ogni volta.

Arrivati al tribunale di Torino ci siamo uniti a più di trecento No TAV che si erano già raccolti in presidio bloccando parzialmente la strada, mentre quasi un centinaio stavano provando ad entrare in aula per seguire l’udienza.
Ci avevano relegato in un auletta da appena 40 posti, troppo piccola anche solo per ospitare i 45 imputati: la tensione è salita presto tra il caldo, la ressa e il disagio di doversi stringere in una stanza palesemente inagibile: sia il pubblico che gli avvocati hanno cominciato a scaldarsi e a pretendere un’aula più grande mentre un cameraman provava a riprendere la scena. Da qui è nata una discussione molto accesa tra il giornalista e i militanti che non volevano essere ripresi: i toni si sono alzati da entrambe le parti e sono volati uno sputo e qualche spintone. Questo ha dato modo ai quotidiani di tutta Italia di straparlare di violenza e aggressioni in aula, ma chi fa finta di ignorare il significato politico di una giornata come questa e ha bisogno di risse immaginarie per rendere interessanti i propri articoli non merita neanche una risposta.

Alla fine l’udienza è stata sospesa e spostata in una maxiaula ma anche lì dentro eravamo così tanti che, tra le proteste delle guardie, abbiamo occupato tutto lo spazio disponibile compreso quello riservato ai soli testimoni: in sostanza hanno dovuto arrendersi al fatto che eravamo troppi e che nessuno di noi era disposto a rimanere fuori. A questo punto l’udienza è finalmente cominciata.
Da pelle d’oca la reazione incontenibile dei presenti all’arrivo e poi al saluto di Maurizio e Alessio, che da dieci mesi sono in carcere e che hanno dovuto seguire l’udienza chiusi in gabbia: l’aula si è riempita di applausi, grida e cori inarrestabili che scandivano “libertà, libertà!” e “giù le mani dalla Val Susa“, mentre i giudici cercavano timidamente (e inutilmente) di richiamare all’ordine.
Alla fine dell’udienza abbiamo imboccato i corridoi del Palazzo intonando a gran voce “si parte e si torna insieme, siamo tutti black bloc“: cori che avevamo già cantato tantissime volte ma che gridati dentro a un palazzo di giustizia, insieme e di fianco agli imputati e a chi è ancora incarcerato, assumono tutto un altro valore.

In un momento pesante e complesso come quello del processo questo è stato un modo bellissimo di portare agli imputati e soprattutto a Maurizio e ad Alessio la nostra complicità e la nostra solidarietà concreta ed è stato un modo importante per mostrare a chiunque come questo sia a tutti gli effetti un processo politico: non si stanno processando dei reati singoli ma un intero movimento popolare, un movimento ancora vivo e combattivo che sa compattarsi e rivendicare le proprie pratiche di resistenza e di lotta senza farsi intimidire, senza accettare di veder ridotta la propria azione politica ad una questione di semplice ordine pubblico e senza farsi ingannare dal mito della legalità e dalle divisioni tra buoni e cattivi.
All’alba degli arresti Caselli aveva affermato di voler tutelare i No TAV isolandone gli elementi violenti ma l’azione del movimento, dal primo grandissimo corteo contro la repressione il 25 febbraio alla giornata di questo mercoledì, è la dimostrazione grandiosa che questa retorica non funziona più: noi siamo tutti black bloc.

FOA Boccaccio 003

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