Con i NOTAV a Lione

Lunedì 3 dicembre, Lione: un’altra giornata di protesta e di lotta del movimento No TAV e un’altra prova – l’ennesima – del comportamento vergognoso delle forze dell’ordine.
Monti e Hollande si stringono la mano stipulando accordi tra Italia e Francia riguardanti la cooperazione tra le polizie, la Difesa, la cooperazione tra i sistemi di istruzione, poi accordi bilaterali tra i ministri dei Trasporti. E anche un accordo sul tunnel del Fréjus, che prevede la trasformazione della seconda canna in corsia di transito destinata al trasporto su gomma. Ma una delle forti motivazioni per la Torino-Lyon non era la conversione del traffico merci su gomma… alla rotaia?
In ogni caso, mentre i giornalisti blaterano dell’inevitabilità e dell’importanza fondamentale della TAV, su un totale di 5560 parole il risultato percentuale della parola Tav nel documento finale dei governi è lo 0,8%… appena 46 parole spese sull’alta velocità. Nessuna decisione definitiva, tra l’altro, ma solo la richiesta all’Unione Europea per un finanziamento del 40% dell’opera. Richiesta per ora senza risposta.
Nel frattempo i manifestanti No TAV dall’Italia e dalla Francia, dopo tanti contatti e tante collaborazioni, si riuniscono in piazza per la prima volta con un’iniziativa comune: si apre una stagione di lotta veramente condivisa tra il movimento italiano e quello francese, che proprio ora sta cominciando a crescere. Una giornata importantissima che apre nuovi orizzonti e che dimostra una forza e una determinazione che sanno superare qualunque confine, a dimostrazione del fatto che quella contro la TAV non è una lotta provinciale, ma è una lotta contro un sistema economico e sociale globale. Di fronte a questa vittoria una dura risposta delle forze dell’ordine era prevedibile, ma quello che è successo ieri è davvero troppo grave.
Da anni si cerca di reprimere e scoraggiare con ogni mezzo questa protesta: il movimento No TAV ha dovuto imparare a non stupirsi di nulla e a far fronte alla repressione più feroce. Non solo valanghe di denunce, misure cautelari, arresti, violenze, ma anche continue intimidazioni e pressioni che spesso passano sotto silenzio: identificazioni, perquisizioni e minacce sono ormai all’ordine del giorno. Ostacolare, impaurire e provocare chi cerca di manifestare contro il TAV è diventata ormai una prassi delle forze dell’ordine italiane e a quanto pare pure di quelle francesi, che con il loro comportamento di ieri ci confermano che anche l’infamia e l’arroganza della polizia non hanno confini.

“I pullman partiti dalla Valsusa erano 12, compresi quelli provenienti da Milano e Torino, che si sono accodati dopo una breve sosta a Salbertrand. Già l’1 dicembre la polizia francese aveva fermato, perquisito, sequestrato per ore e poi rimandato indietro un pullman No TAV diretto all’Avant Sommet. Ieri i 12 pullman partiti dall’Italia ci hanno messo nove ore per arrivare dalla Valsusa a Lyon.
Verso le 10 il primo interminabile blocco della polizia.. come ci aspettavamo è stato a Modane, appena varcata la frontiera francese, ed è durato circa tre ore, durante le quali la Gendarmerie ha identificato tutti i presenti, compresa una bambina di 6 anni. Vietato scendere, neanche per andare in bagno, finché non ci siamo imposti. È nel tragitto fino ai gabinetti che abbiamo incontrato un soggetto a cui nessun luogo meglio si addice. Parlo di Massimo Numa. Con il quale c’è stato un simpatico scambio di battute che lascio alla vostra immaginazione…
Tornati sul mezzo, e dopo infiniti “
plus tard!” abbiamo fatto aprire all’autista la porta posteriore, correndo fuori sulla neve, ricacciati su tra qualche spintone.. ma il nostro pullman ha ottenuto di proseguire.
Il blocco si è concluso con il rilascio dell’ultimo pullman, quello milanese, dopo che dagli altri automezzi è stata comunicata la volontà di occupare l’autostrada A43 presso Saint-Julien-Mont-Denis, se tutti i no tav non fossero stati lasciati liberi di proseguire verso Lyon.

Il secondo blocco, è stato effettuato a un casello autostradale presso Saint-Jean-de-Maurienne, durato molto meno, poiché appena fermati siamo scesi tutti. Respinti indietro dalla Police (stavolta in antisommosa) siamo ripartiti dopo 20 minuti.
Il viaggio è proseguito tranquillamente, con la sola inquietante presenza di un elicottero che ci sorvolava e finalmente, all’alba delle 15.30… Siamo entrati in Boulevard des Brotteaux mentre dietro di noi si chiudevano le reti della polizia, vere e proprie grate di ferro alte due metri, con piccole finestrelle dalle quali gli agenti dispensavano spray urticante a chiunque si avvicinasse troppo.
Insomma, la Francia democratica non ha problemi a concedere spazi per manifestare il dissenso, purché siano contenuti e isolati da tutto il resto della città: purché restino chiusi in gabbia, letteralmente.
Dopo saluti e abbracci tra equipaggi ricongiunti e compagni che ci aspettavano a Lyon da qualche giorno, dopo il vin brulé e la minestra calda finalmente si prova a partire in corteo. Ma eravamo in balìa della Police, che non permetteva di muoversi neanche di pochi isolati “
dans le boulevard!“. Dopo un confronto assembleare abbiamo deciso di risalire sui pullman e provare a tornare indietro, ma non potendo lasciare soli nella piazza militarizzata i compagni lionesi, ci siamo organizzati affinché tra un mezzo e l’altro si inserisse un gruppo a piedi. Niente da fare, “ne passez pas à pied!”
Da questo momento in poi solo attimi confusi. I nostri pullman restano bloccati nella piazza per quasi tre ore, in una situazione di stallo assurda e tesissima. Un elicottero, tanto basso da poter sfiorare gli ultimi piani dei palazzi, punta un potente faro su di noi, l’occhio della repressione che ci controlla, non possiamo muoverci. Poi l’antisommosa è salita sui mezzi, e nella maggior parte dei casi un poliziotto si è sostituito all’autista. Anche qui minacce e intimidazioni e addirittura spray urticante spruzzato dentro ad un pullman causando malori tra quasi tutti i passeggeri. La carovana alla fine è partita scortata alla volta dell’autostrada. Intanto la polizia carica i manifestanti rimasti a terra, li blocca per ore nella piazza e alla fine ne porta molti in questura.
Il nostro pullman, tra i primi a passare, al primo semaforo si è liberato della scorta, un solitario gendarme in moto, che alla nostra deviazione non ha potuto fare altro che scuotere la testa sconsolato e rinunciare all’inseguimento.
Abbiamo poi raggiunto tranquillamente la frontiera e siamo arrivati a Bussoleno verso l’una.”

(dal racconto di una nostra compagna a Lione)

Fa impressione la strategia messa in campo dalla police francese, che con grate di ferro, blocchi continui e un po’ di spray è riuscita ad esercitare un controllo totale sulla piazza, a stroncare sul nascere le proteste, a frustrare e scoraggiare i manifestanti limitando il contatto fisico e la violenza eclatante. Una repressione professionale, terribilmente efficacie e forse più tollerabile da parte di quell’opinione pubblica che chiede a gran voce una democratizzazione della polizia perché turbata dalla sua forza bruta e spesso scomposta. A noi non sfugge però che la sostanza è la stessa. Perquisizioni, sequestri, abusi, minacce e violenze: questo è l’atteggiamento ignobile di chi vuole sedare i conflitti, senza rendersi conto che atti come questi non fanno altro che aumentare la determinazione e la rabbia verso chi detiene il potere e cerca di gestire le proteste inviando i suoi sbirri a massacrare i manifestanti.
Ieri, oltre alle umiliazioni, alle intimidazioni, ai manganelli e agli spray urticanti sono state arrestate e fermate molte persone, a cui va la nostra complicità e la nostra massima solidarietà: 69 persone fermate, 40 portate in questura e tenute per 24 o 48 ore (garde à vue) per violenza e resistenza, 10 dovranno subire dei processi per vari reati perlopiù inventati dagli sbirri, per direttissima o più avanti.
Il bilancio è pesantissimo, ma anche nei momenti di repressione più dura possiamo ribadire con forza che il movimento No TAV non fa e non farà mai passi indietro, anzi: ha dimostrato ancora una volta di saper agire guardando avanti, oltre tutte le difficoltà, oltre la repressione, oltre i confini.

 

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