Nella notte tra il 26 e il 27 Gennaio due soggetti appartenenti a Lealtà Azione si sono presentati con il volto coperto sotto casa di un nostro compagno e lo hanno minacciato tramite una sua stretta familiare, alla faccia di quell’onore e di quella “mentalità” di cui i camerati amano tanto riempirsi la bocca.
Vederne il viso non è l’unico modo di riconoscere con assoluta certezza una persona, soprattutto se questa è talmente stupida da essersi esposta già più volte nei nostri confronti con minacce attraverso vari canali, sia prima che dopo l’episodio in questione.
Questa azione schifosa, basata su una logica che in nessun modo ci appartiene, è un maldestro tentativo di intimidire chi, da un lato, contrasta attivamente e con successo la presenza pubblica di neofascisti e neonazisti in città e, dall’altro, è presente quotidianamente sui territori, nei quartieri e nelle strade, in modo concreto e a viso aperto.
Questi sono gli stessi personaggi che cercano consensi fotografandosi sorridenti mentre svolgono attività “benefiche”, come la raccolta di cibo per italiani poveri (Bran.Co.), la sensibilizzazione contro la pedofilia o il maltrattamento degli animali; gli stessi che sono entrati nelle istituzioni comunali sostenendo un candidato sindaco e riuscendo a far nominare assessore allo sport un proprio camerata. Questa gente cerca di mostrare un volto socialmente accettabile, da “bravi ragazzi”, cercando goffamente di nascondere quella parte di sé che scandalizzerebbe i cittadini perbene. Episodi come quello di sabato notte dimostrano chiaramente che il lupo può perdere il pelo, ma non il vizio.
Cosa aspettarsi di diverso dai nazisti? Questi soggetti hanno sempre dimostrato incoerenza tra affermazioni opportunistiche e azioni concrete: sostengono di essere “ribelli antisistema” e poi agiscono solo se protetti da sbirri e istituzioni; rivendicano per anni una presunta mentalità ultras per poi lanciarsi a capofitto sulla possibilità di parlare con la stampa; blaterano di valori quali coraggio e lealtà e poi sfogano la propria frustrazione con azioni come quella descritta.
Da parte nostra continueremo a portare avanti con determinazione le nostre pratiche. Basti pensare che, già la notte stessa delle minacce, un attacchinaggio antifascista ha interessato la piazza dove si sarebbe tenuto un banchetto dei militanti di CasaPound (altri che si spacciano per “ribelli”, salvo poi strisciare per raccogliere le firme necessarie a guadagnarsi una poltrona in parlamento, e chiedere piangendo a istituzioni e forze dell’ordine di difendere i loro “diritti democratici”). Domenica 28 invece un corteo di oltre 100 compagni e compagne ha attraversato le vie di Monza ribadendo la presenza antifascista e costringendo le forze dell’ordine a blindare il centro a protezione di un altro banchetto di CasaPound.
Queste ultime mobilitazioni si inseriscono nella consuetudine che ci ha visti sempre contrastare neofascisti e neonazisti ogni volta che hanno provato ad alzare la testa. È accaduto già il 18 Febbraio 2017, in cui la presenza antifascista ha impedito ai nazisti di marciare per il centro di Monza col pretesto di ricordare le foibe; e allo stesso modo lo scorso 25 Aprile, quando i compagni e le compagne hanno presidiato gli ingressi del cimitero cittadino evitando che avesse luogo una provocatoria commemorazione dei gerarchi fascisti da parte di Lealtà Azione e CasaPound nel giorno della liberazione. Arriviamo infine alle recenti giornate di lotta del 19 e del 20 gennaio ( https://boccaccio.noblogs.org/…/cronache-di-resistenza-due…/ ) in cui un corteo antifascista si è confrontato con alcuni militanti di CasaPound e Lealtà Azione, schierati a difesa di un banchetto elettorale e salvati dall’intervento della celere che ha caricato il corteo.
Parallelamente alla lotta antifascista, nel corso degli ultimi anni ci siamo presi, oltre allo stabile di via Rosmini, spazi concreti in città grazie a una presenza attiva su diversi fronti. Oltre a cortei, presidi e volantinaggi anche dibattiti, cineforum itineranti, presentazioni di libri, iniziative di sport popolare, jam writing, TAZ, mostre, concerti: tutte pratiche lontane da qualunque logica di profitto e di propaganda elettorale, fondate su un’idea di socialità che si basa sulla solidarietà e sull’orizzontalità. Pratiche che nascono dalla volontà di vivere i nostri territori in modo diretto, autogestito e auto-organizzato, rifiutando la mediazione di ogni autorità e la sorveglianza di sbirri e controllori.
Non facciamo fatica a credere che tutto questo possa essere inviso a chi vuole costruire una società fortemente autoritaria e gerarchica, chi immagina una città iper-militarizzata e fondata su un controllo invasivo e poliziesco, chi semina idee razziste e invoca la repressione di chiunque turbi il “quieto vivere”, l'”ordine” e il “decoro”, chi si ispira al fascismo e ai suoi valori fondanti.
Non crediamo dunque sia casuale che nel corso del tempo ci siano arrivate da vari canali minacce e intimidazioni da parte di militanti di Lealtà Azione, ma in quest’ultimo caso riteniamo si sia superato un limite che merita anche una presa di parola pubblica.
Vogliamo quindi ribadire che questi episodi ci rendono ancora più determinati nello sviluppo della lotta antifascista in un momento storico caratterizzato da incertezze, paure, paranoia e ossessione per la sicurezza. È in queste situazioni di crisi che intervengono come avvoltoi i paladini della legalità a rinforzare i meccanismi di controllo dello Stato per riaffermarne politiche sempre più autoritarie e discriminatorie. Sguazzando in questo contesto, i neofascismi oggi acquistano consensi e legittimità.
Il nostro essere antifascisti si radica in una mentalità più ampia, in una visione del mondo e delle relazioni libera da qualsiasi forma di gerarchia, di autoritarismo, di controllo e di oppressione. Per questo la nostra risposta alle provocazioni dei fascisti non passerà certo attraverso denunce in questura, bensì tramite la crescita del nostro impegno quotidiano, sostenuto dalla solidarietà e dalla complicità dei compagni e delle compagne. Infatti, a differenza dei politicanti che sentono il bisogno di rinnegare le proprie pratiche per rassicurare l’opinione pubblica e gli amici nelle istituzioni, noi restiamo coerenti con quello che diciamo e che facciamo. La nostra sicurezza non passa dalle questure e dai tribunali: sono i legami che ci stringono l’uno con l’altra, la consapevolezza di seguire una strada comune e la certezza che di fronte
alle difficoltà ci saranno persone pronte ad aiutarci e sostenerci che ci permettono di proseguire a testa alta.
Il nostro modo di vivere non prevede capi, a differenza delle rigide strutture che contraddistinguono le associazioni neofasciste. Perciò, se questi individui pensano di poter portare lo scontro su un piano personale, come se qualcuno di noi possa essere elevato a rappresentante o referente, la nostra risposta sarà sempre collettiva: se toccano uno toccano tutti e tutte noi. ”