Dopo quattro anni di permanenza all’interno dell’ex fabbrica tessile
De Simoni, il collettivo politico della FOA Boccaccio ha deciso di
andarsene dalla stessa. Questa difficile scelta segue le minacce
sempre più pressanti di sgombero da parte della San Gerando Srl,
proprietaria dell’immobile, che afferma di voler rientrare in possesso
dell’area per dare avvio ai lavori di bonifica necessari per poter
sperare di rendere edificabili le volumetrie del vecchio impianto
industriale.
Il rapporto tra la FOA Boccaccio e la proprietà dell’ex tintoria
raccontano solo una parte della storia, la parte più superficiale,
quella più visibile e comprensibile ai più. Tutto il sommerso riguarda
la volontà politica della giunta comunale Mariani di porre fine
all’esperienza politico-sociale della FOA Boccaccio. E’ evidente che
l’input al repentino cambio di atteggiamento e volontà dei proprietari
sia stato innescato da alcuni esponenti dell’ attuale amministrazione:
– gli stessi che si stanno affannando in questi mesi per far
approvare varianti al PGT per favorire gli interessi delle proprie
clientele, come la proprietà della S. Gerardo Srl, che sull’area ha
intenzione di speculare alle spese di coloro che vivranno in
appartamenti carissimi e allagati dal Lambro;
– gli stessi che hanno istituito ronde notturne e hanno affollato le
nostre strade di costose e inutili telecamere per tutelarci da non si
capisce quali pericoli di sicurezza;
– gli stessi che hanno come credo politico una ipocrita, violenta e
insensata lotta all’immigrato (che poi lavora in nero nelle
fabbrichette brianzole, con buona pace dei proprietari leghisti) e la
repressione di ogni forma di dissenso e di non conformità, politica e
culturale;
– gli stessi che da anni si dimenticano di occuparsi dei giovani, come
l’indegno assessore alle politiche giovanili Sassoli, che poche
settimane fa ci ha negato il dialogo per motivi dichiaratamente
ideologici;
– gli stessi che sono ciechi di fronte all’assoluta mancanza di spazi
di socialità nei quartieri della città, e che non sono in grado di
riqualificare le innumerevoli aree dismesse abbandonate al degrado;
– gli stessi che appoggiano psudo-associazioni culturali di estrema
destra nei loro ridicoli tentativi di riscrivere la storia della
nostra città e del nostro Paese: non dimentichiamo che questo sindaco
ha reso omaggio a un gerarca fascista lo scorso IV novembre.
Questi sono i problemi che tengono indaffarati i nostri
amministratori: non certo il fatto che anche e soprattutto a Monza il
costo della vita è ai massimi livelli nazionali, il fatto che comprare
una casa è un lusso che ti inchioda a minimo trent’ anni di mutuo, il
fatto che la produttiva provincia di Monza e Brianza è piena di centri
commerciali, Call Center e società di servizi che sfruttano i
lavoratori attraverso vergognosi contratti precari, il fatto che le
potenti e rispettabili imprese edili cittadine si avvalgono di
lavoratori immigrati in nero soggetti a caporalato ai limiti dello
schiavismo. E questi sono solo alcune delle emergenze di cui nessuno
sembra volersi occupare. Quello a cui assistiamo quotidianamente nei
palazzi del potere monzese è invece il solito teatrino degli
interessi: un mix di bigottismo cattolico, perbenismo ciellino,
razzismo leghista ed estremismo di destra tenuto insieme solamente
dalla logica degli affari. In questo triste spettacolo qualcuno ha
trovato il tempo di occuparsi anche della Foa Boccaccio, l’unico
centro sociale della storia della città che da anni ha dimostrato
essere un punto di riferimento politico-sociale e culturale per
migliaia di giovani e non solo.
Ed ecco attuarsi la strategia del
capocomico della farsa di cui sopra, Dario Allevi, un burattino
prestato alla politica dall’affarismo fascista cittadino: «lo sgombero
a colpi di carte bollate» per mettere fine all’esperienza politico
sociale della Foa Boccaccio.
E’ proprio per sottrarci a questa logica che decidiamo di riversarci
nella città, nelle strade e nei quartieri, per dire nella maniera più
chiara possibile che il Boccaccio da Monza non scompare quando lo
decidono gli altri: il Boccaccio si muove in maniera dinamica ed
autonoma e, di fronte ad un attacco frontale, risponde e risponderà in
maniera altrettanto frontale, destinando le sue mosse ai reali
mandanti del suo sgombero e riportando la questione sul piano che le è
naturale, quello squisitamente politico. Così al posto di farci
schiacciare da ruspe e camionette di polizia noi ci trasferiamo
volontariamente in città, fuori dalle quattro mura che abbiamo fatto
rinascere e rivivere fino ad oggi, pronti per attraversarne,
occuparne, rivitalizzarne altre che nelle nostre città il cancro delle
speculazioni edilizie lascia marcire da decenni in attesa di nuovo
redditizio cemento.
Siamo convinti che questo ennesimo assurdo atto di prepotenza possa
dare una scossa alla cittadinanza monzese da anni muta, sorda e cieca
di fronte ad una classe dirigente che trova terreno fertile proprio
dalla "consumistica" apatia sociale in cui la fa riposare. Daremo
risposte politiche e pratiche allo stesso tempo, faremo azioni
simboliche, stileremo dossier di denuncia sociale, vigileremo sul
futuro cantiere in via Boccaccio, costruiremo iniziative culturali ed
artistiche, continueremo a dare voce a tutti coloro che sono ricattati
dal mondo del lavoro.
Riprenderemo "casa" non appena ne avremo voglia: continueremo ad
essere la FOA BOCCACCIO di Monza.
FOA BOCCACCIO 003