…e con tutti gli altri spazi sociali milanesi che vivono sotto minaccia di sgombero (Piano Terra e Villa Vegan Squat).
Riportiamo di seguito il comunicato del Lambretta:
A Milano sono numerosi i casi di centri sociali che svolgono un’importante funzione per una città focalizzata su expo e moda, ma che lascia un vuoto laddove nascono bisogni ed esigenze quotidiane. I quartieri e le zone della città che viviamo ogni giorno chiedono spazi di socialità e aggregazione, luoghi dove sia possibile veicolare messaggi alternativi a quelli dati da una cultura mainstream così povera di proposte ed interesse, dove i cittadini e le cittadine trovino una collocazione per realizzare idee, iniziative, desideri e avere la possibilità di usufruire di servizi normalmente onerosi (cinema, corsi di artigianato vario, palestre, sale prove) o inaccessibili in determinati orari (aule studio, biblioteche …).
Il Collettivo Lambretta ha tentato di uscire dallo stato di precarietà, nel quale versano gli spazi sociali da sempre, per dare il via a un percorso che riconoscesse il valore sociale e culturale dell’autogestione. Da Aprile ad oggi, il Lambretta è diventato riferimento per il quartiere, i comitati e le associazioni che ivi vivono e operano. Attorno allo spazio si è formato un solido gruppo che insieme al Collettivo originario ha di fatto aperto la strada a un progetto che coinvolge il quartiere. Una città viva, con i quartieri attivi sul piano sociale e culturale, è una città più ricca, solidale e sicura, tutti obiettivi che qualsiasi amministrazione dovrebbe voler raggiungere. Privare i cittadini e le cittadine di un tale valore aggiunto significa non guardare i reali interessi delle persone, bensì avallare giochi di potere politico. Genova, Roma, Torino, Napoli, Segrate, Catanzaro, Bergamo, sono alcuni esempi di città in cui sono nate e si sono sviluppate trattative pubbliche e trasparenti tra amministrazioni e occupanti di spazi. E a Milano? Non pervenuta! Aler e Regione Lombardia sono i protagonisti della richiesta di sgombero del Lambretta. Tuttavia, tra chi vuole compiere questo sgombero e chi potrebbe contribuire ad impedirlo, e non si adopera pubblicamente in tal senso, facciamo fatica a trovare distinzioni profonde. L’attuale governo della città si è fatto portatore di più slogan sbandierati in campagna elettorale e non solo, parole d’ordine che oggi non trovano seguito. Promettevano: “Milano come Berlino, diamo valore all’autogestione”, “ A Milano ci saranno concerti tutto l’anno” “I parchi devono tornare a vivere”. Sembrava possibile immaginare una città vivace, in grado di offrire spazi e occasioni per sprigionare le energie creative troppo a lungo avvilite. Quello di cui tutti e tutte sono testimoni oggi, invece, è un Comune che guarda impotente e inerme il solito consumarsi delle vicende milanesi, mentre Formigoni e i suoi speculano sopra un posto come il Lambretta. Il Comune pensa davvero di distinguersi dalla precedente amministrazione liquidando con dell’informale “dispiacere” gli sgomberi? Non basta rammaricarsi di fronte alla perdita di una ricchezza nella città. E’ necessario un piano che vada nella direzione opposta alla logica dello sgombero. Il Comune pensa davvero di distinguersi dalla precedente amministrazione risolvendo il problema degli spazi continuando ad utilizzare il modello dei bandi e concorsi? E’ risaputo che collettivi, gruppi informali e spazi sociali, che operano attivamente sul territorio, non possono usufruire di tale occasione, in quanto non dotati delle formalità richieste e che troppo spesso, qualora vi sia disponibilità in tal senso, la logica di cooptazione e rinuncia alla propria autonomia e indipendenza è un sottinteso asfissiante al quale non si può sottostare. Il Comune pensa davvero di distinguersi dalla precedente amministrazione governando nella paura? Ci sono momenti in cui bisogna mostrare coraggio. Il vento non si cambia ottenendo il silenzio e la pacificazione sociale mentre intorno si fa terra bruciata e si lascia una città senz’anima.
Quello che sta succedendo al Lambretta è una storia che riguarda tutti e tutte. Lo sgombero dello spazio sta arrivando per mere pressioni politiche da parte di Aler e Regione: non c’è alcun progetto da avviare sulle case, né potrebbe essere avviato immediatamente, in quanto, fino a giugno, sulle ville non è possibile iniziare alcun lavoro per legge. Dopo due aste deserte, infatti, i lavori possono cominciare dopo otto mesi dalla presentazione di un progetto, che al momento non esiste. Come si evince dalla documentazione di Infrastrutture Lombarde, gli immobili del complesso a cui appartengono le villette, destinati a lavori di ristrutturazione di expo 2015, non sono quelli attualmente occupati dal collettivo. Le villette torneranno al degrado, preda dello spaccio di eroina, degli scarafaggi, dell’immondizia e dei topi. E’ una vicenda che si ripete. Luoghi vivi resi deserti. Cittadini e cittadine che perdono riferimenti culturali e opportunità di conoscere, mettersi in gioco e socializzare. Nessuno buon motivo dietro a tutto ciò. Insicurezza e degrado tornano dove c’erano attività, progetti, lavoro, entusiasmo. Milano non è solo la città di affari e finanza, discoteche e passerelle. I Milanesi parlano una lingua diversa, e ogni volta che si aprono spazi sociali, questa lingua trova espressione. Milano ha bisogno di un modello differente per crescere e svilupparsi. La legittimazione dei percorsi intrapresi dagli spazi sociali deve passare attraverso il riconoscimento dell’identità e delle forme che i collettivi e i gruppi al loro interno prendono. Solo così si può parlare di partecipazione della cittadinanza attiva. Solo così la possibilità di esprimersi e prendere parola sarà allargata alla cittadinanza intera. Non si può tacere quando la speculazione vince sul benessere delle persone. Questo è un appello a chiunque creda che i bisogni della cittadinanza siano più vitali dei giochi di palazzo, a chiunque creda in una Milano più sicura perché viva. a chiunque non può permettersi il budget che locali, palestre e la città “da bere” richiedono, a chi crede nella salvaguardia dei beni comuni. Noi non abbandoniamo il Lambretta. Noi non abbandoniamo la difesa di tutti gli spazi sociali. E tu?
Collettivo Lambretta
http://www.ecn.org/elpaso/distro/libri/elpaso_edizioni/legal.htm