Il 12 maggio si è tenuta l’ultima udienza del processo di primo grado per i fatti del 15 ottobre 2011 a Roma. Fu una giornata di lotta in cui la rabbia e l’insofferenza, a lungo trattenute, sfociarono in numerose azioni di attacco contro luoghi rappresentativi dello sfruttamento e dell’oppressione e che ebbe il suo culmine negli scontri di piazza S. Giovanni.
Eravamo in tanti/e a vivere quella giornata di rivolta, oggi alcuni di noi rischiano di pagarne le conseguenze.
Come abbiamo già visto per il processo di Genova l’accusa di devastazione e saccheggio è lo strumento attraverso il quale il potere attua la sua vendetta: colpendo alcuni/e vuole intimorirne molti.
Le condanne sono pesanti, da 4 mesi fino a 9 anni (distribuite tra 15 imputati, due sono stati assolti). Inoltre, ministeri (Ministero degli Interni, Ministero della Difesa, Ministero dell’Economia), banche (Banca Popolare del Lazio), Comune di Roma e aziende municipalizzate (ATAC e AMA), hanno ottenuto ingenti risarcimenti in qualità di parti civili danneggiate.
La beffa, oltre che il danno, dal momento che proprio questi sono tra i soggetti che ogni giorno devastano e saccheggiano le vite di milioni di uomini e donne.
La magistratura si è accanita contro chi ha espresso una rottura della pacificazione sociale indicativa di una tensione reale che al potere fa paura, una tensione che ci auguriamo si ripeta con sempre maggiore frequenza ed estensione.
Rivoltarsi è l’unico modo possibile per cambiare l’ordine delle cose, continuare ad attaccare è la prima forma di solidarietà verso i compagni colpiti dalla repressione.
La stessa rabbia e determinazione esplose a Roma le abbiamo vissute nelle manifestazioni del 24 gennaio a Cremona e del 1° maggio a Milano.
Nella loro specificità si è trattato, in tutti i casi, di momenti di conflitto condivisi e partecipati da molti/e, rispetto ai quali il potere ha risposto con gli stessi strumenti repressivi.
Proprio l’uso strumentale del reato di “devastazione e saccheggio” denota la natura politica di questi processi a cui viene però attribuita in maniera formale, da parte dello Stato, una funzione puramente tecnico giuridica. La repressione ha tentato di azzittire gli accusati, di dividerli, di isolarli, di privarli della solidarietà.
Vogliamo rompere questi meccanismi, essere vicini ai nostri compagni, difenderli, rivendicare con fierezza le ragioni per cui abbiamo lottato.
Vogliamo unire gli sforzi dei/delle solidali per costituire quella forza in grado di rispondere all’attacco.
Questa sentenza non pone fine a niente, né alla lotta né alla solidarietà: facciamo appello a tutte e tutti a partecipare alle prossime udienze dei processi di Milano e Cremona, e a dare il loro contributo in ogni modo e luogo ritengano necessario e utile.
Il silenzio è complicità, la rassegnazione è morte!
Solidarietà a tutti i compagni colpiti dalla repressione.
Libertà per tutti e tutte.
10-100-1000 15 OTTOBRE!
Prossimi appuntamenti processuali:
14 GIUGNO @ TRIBUNALE DI MILANO per sentenza di primo grado degli imputati per il primo maggio Noexpo
7 LUGLIO @ TRIBUNALE DI CREMONA per sentenza secondo troncone per il corteo antifa del 24 gennaio 2015
LE COMPAGNE E I COMPAGNI RIUNITISI IN ASSEMBLEA A ROMA IL 12/05/2016