L’ottava edizione de “La volpe e l’uva” ci consegna un dato confortante: più di mille persone hanno varcato le porte dello spazio occupato di via Rosmini, con entusiasmo, interesse e senza pregiudizi. Persone curiose e consapevoli (ben oltre quanto pensino i politicanti e gli affaristi locali) che hanno posto domande sul come proseguire insieme, anche davanti a scenari di sgombero, come liberarsi dal ricatto del lavoro, cosa fare in tempi di pandemie e chiusure forzate.
Chiacchiere, assaggi, buona musica e convivialità hanno costituito l’aspetto più godereccio del weekend, con migliaia di bottiglie di vino stappate, raccontate, discusse, consumate fino all’ultima goccia. In questa piacevole dimensione di empatia ed ebbrezza, tra un bicchiere e l’altro, si sono toccati i temi più importanti.
Il discorso sul vino e della sua filiera si è, come consuetudine, inserito all’interno di una più ampia riflessione politica sui modelli di consumo e sugli stili di vita.
In un contesto globale e locale in cui sono state drammaticamente messe a nudo tossicità e contraddizioni del mondo in cui viviamo, oggi più che mai questa riflessione, da sempre alla base de “La volpe e l’uva”, assume rilevanza e centralità.
E offre spunti pratici di resistenza. Da praticare qui e ora.
Ad ogni edizione nuovi e vecchi produttori ci accompagnano nella scoperta di quanta fatica occorra per preservare le risorse e i territori da uno sfruttamento selvaggio.
Si stringono legami, si accorcia la filiera, ci si smarca da etichette e certificazioni, si costruiscono reti basate sulla fiducia reciproca. Si combattono regole imposte per uniformare metodi, sapori, storie.
A far da cornice di tutto questo, uno spazio occupato dove trovare una valvola di sfogo dalle tensioni e dalle frenesie quotidiane. Uno spazio per grandi e piccini. Uno spazio dove riprenderci i tempi dell’ozio e del fare insieme, che merita di essere difeso e protetto.
Un laboratorio politico, organizzato e operoso, che lascia vita anche a fette di tranquillità, silenzi, fiori ed erbe selvatiche, come potete vedere nel nostro orto-giardino.
Tutto ciò non è scontato e, anzi, occorre non dimenticarsi che qualcuno (nello specifico il CAI di Monza al seguito di qualche imprenditore locale) ha acquistato questa area con l’intenzione di sgomberare, radere al suolo e ricostruire. Anche su questo fronte occorrerà continuare ad aggiornarsi e prepararsi ad affrontare la questione quando si manifesterà, consapevoli dell’importanza di difendere tutti/e insieme lo spazio e i progetti politici che lo contraddistinguono.
Insomma, i progetti e i programmi della FOA Boccaccio e de “La volpe e l’uva” non si fermano qua, crediamo di aver raccolto stimoli sufficienti per immaginarci insieme nuove forme di aggregazione e progettualità comuni che prendano forma con continuità durante l’anno.
FOA Boccaccio 003