Come stiamo?
Questo fine settimana abbiamo avuto conferma del femminicidio di Giulia
Cecchettin, solo quest’anno la 105esima sorella uccisa in Italia.
Lunedì è stato il Transgender Day of Remembrance (TDOR), in ricordo
delle persone uccise dalla violenza transfobica, centinaia nell’ultimo
anno in tutto il mondo.L’Osservatorio nazionale femminicidi, lesbicidi e
trans*icidi, curato da Non Una di Meno, cerca di fare i nomi di tutte le
soggettività colpite ogni anno in Italia dalla brutalità della violenza
di genere. Questo elenco per noi è intimo, politico, fatto di corpi e
storie che meritano di diventare memoria viva. I nomi delle persone
trans* in questo elenco odioso per il 2023 compaiono imprecisi, perché i
tragitti per arrivare a loro sono incidentati, nebbiosi, fatti di strade
che i privilegi di alcun* non conoscono e non percorrono: i muri che le
politiche hanno innalzato attorno alle loro vite sono ancora troppo
alti. Bruna Cancio dos Santos è l’unica di cui abbiamo nome e cognome.
Sappiamo di un secondo caso di trans*icidio, quello di Janaina, di cui
però non conosciamo il cognome. Un’altra sorella è addirittura anonima.
Una violenza doppia, quella di chi scompagina le norme di genere e la
biologia come destino: morte e invisibilità, in un connubio che uccide
anche con vuoti e distanza. Una violenza addirittura tripla, se i loro
corpi erano stati razzializzati in un Paese che non esitiamo a chiamare
suprematista.
Noi non asseconderemo neppure le propagande razziste e discriminatorie
che utilizzano la violenza maschile sulle donne per diffondere una
“paura del diverso”. L’immagine del “nero offensivo”, dello “straniero
stupratore” non fa altro che rafforzare le politiche securitarie e
carcerarie che trasformano il corpo delle donne, soprattutto quelle
razzializzate, in un corpo-vittima da salvare. Rifiutiamo
quest’etnicizzazione dello stupro, figlia di un sistema patriarcale
bianco e conforme, interessato a strumentalizzare i nostri corpi per
tutelare i suoi interessi. Contro questi dispositivi di controllo e di
potere vogliamo trovare nuove pratiche politiche, fare nuove alleanze.
Martedì abbiamo avuto la notizia della morte di Rita Talamelli, la
106esima sorella uccisa.
Ci teniamo a gridare che oggi non pensiamo ai femminicidi solo come
omicidi, ma anche come tutti i suicidi firmati da una violenza che
agisce in direzioni molteplici, a volte da dentro, rendendo la vita un
peso insopportabile. Pensiamo a Cloe Bianco, professoressa trans*
“suicida di transfobia” nel 2022.
Abbiamo sentito questi lutti sulla nostra pelle e questo dolore nelle
nostre ossa. Siamo stanche. E siamo arrabbiate.
Questo sabato sarà la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza di genere.
Noi sentiamo il bisogno di prenderci un nostro momento, un nostro spazio per guardarci in faccia, stare insieme e chiederci “come stiamo?”
A parlare con rabbia.
A parlare della nostra rabbia e del nostro dolore.
A dirci che Giulia, Bruna, Janaina, Cloe e Rita potevamo essere noi,
nostra sorella, nostra madre, la nostra amica.
Che abbiamo paura, ma non vogliamo più averne né quando camminiamo da
sole di notte, né quando siamo a casa.
Non vogliamo più doverci difendere e non vogliamo più avere paura degli
sconosciuti per strada, dei nostri padri, dei nostri amanti, partner,
amici,ex, di tutti questi “bravi ragazzi”.
Vogliamo trovare la nostra forza e le nostre risposte, insieme, nella
sorellanza. Ma vogliamo anche condizioni economiche migliori, per
potercene andare da case che diventano luoghi di pericolo e asfissia. La
nostra autodeterminazione è anche una questione materiale: da secoli
diventiamo loro proprietà perché manca reddito, manca un modo diverso di
pensare la parentela e le relazioni, mancano spazi e nomi per una
società diversa! Vogliamo spazi e tempi sicuri, di piacere e
condivisione! Ci vogliamo vive, vogliamo il pane e anche le rose!
DOMENICA 26 NOVEMBRE 2023
h 18 Circolo Zeguina (via Col di Lana 30 a Monza)
Chiacchierata con aperitivo tra donne e soggettività femminilizzate
h 21 Riprendiamoci la notte (partendo dal circolo Zeguina)
Facciamo una passeggiata notturna per le strade di Monza. Donne, persone non binarie, uomini
alleati, tuttx insieme. Perché la lotta alla violenza di genere ci riguarda tuttx. Dopo ogni femminicidio, lo Stato risponde con le solite soluzioni repressive, inasprendo le pene, militarizzando i territori, dando più soldi e poteri alla polizia, fomentando odio razzista e classista. Quello stesso Stato che taglia i finanziamenti ai centri
antiviolenza, alla prevenzione della violenza di genere, e si oppone all’educazione affettiva e sessuale nelle scuole e anzi sembra sabotarla, nominando un negazionista della violenza di genere come coordinatore di tali progetti, tale Alessandro Amadori.
Per trasformare la realtà c’è bisogno di una rivoluzione collettiva, culturale, sociale, economica, a cui dobbiamo partecipare tuttx. Bisogna andare alla radice del problema e abbattere le cause strutturali della violenza patriarcale, di cui i femminicidi sono solo la punta dell’iceberg. Violenze, minacce, molestie, discriminazioni, disumanizzazione, sono vissute ogni giorno sulla propria pelle da tantissime donne, soggettività LGBTQIA+, persone razzializzate e marginalizzate, migranti, sex workers, detenute. Questa lotta riguarda tuttx perché non siamo noi a doverci difendere, coprire, guardare le spalle, non alzare la voce. Ognunx di noi può essere parte di un cambiamento collettivo. In questo momento, soprattutto, tutte le persone socializzate come uomini devono prendersi una responsabilità: interrogarsi su cosa stiano facendo concretamente per essere davvero
nostri alleati, per cambiare davvero questo sistema, e in cosa invece
siano ancora complici della violenza di genere nelle sue tante forme
quotidiane, dalle più piccole e invisibili alle più eclatanti.
Ascoltarci, darci spazio, e poi informarsi, decostruirsi, far sentire la
propria voce, parlarne con gli altri uomini, partecipare attivamente a
un cambiamento, camminare davvero al nostro fianco.
Per ricordare Giulia, Bruna, Janaina, Cloe, Rita, e tutte le sorelle
uccise.
In solidarietà a Elena Cecchettin, sorella di Giulia, contro gli
attacchi che sta ricevendo per avere il coraggio di dire pubblicamente
una verità scomoda sulla violenza del patriarcato.
Per tutte le sorelle che lottano ogni giorno per restare vive, per una vita bella, insieme.
Non è più il momento di stare in silenzio.
Unite nella rabbia.
Protette nella sorellanza.
// Le streghe della FOA //