Mi proteggono le mie amiche, non la polizia!

Martedi 25 novembre 2025 / Via Arosio (Stazione Fs lato Binario 1), Monza / h 18

CORTEO – MI PROTEGGONO LE MIE AMICHE NON LA POLIZIA

Scendiamo in strada insieme rompendo la narrazione dominante che circonda la violenza di genere, dalla più piccola e invisibile alla più eclatante. Lo faremo partendo da Via Arosio, dalla stazione di Monza, luogo centro del paranoico dibattito pubblico sulla sicurezza; una narrazione che ingigantisce drammaticamente i micro-reati, marginalizza gli indesiderati e contribuisce a normalizzare sempre di più la presenza di polizia e militari nelle strade, preparandoci a tempi di guerra permanente. In questo meccanismo la paura percepita dal genere femminile diventa, nella nostra città come dovunque, esclusivamente un motore di richiesta di più sicurezza e presidio del territorio da parte delle forze dell’ordine. Ma attraversando di giorno e di notte le strade di questa città, ognuna di noi lo sa: mi proteggono le mie amiche, non la polizia. Cosi ci proteggiamo, fianco a fianco, dopo aver lavorato 8 ore sfruttate e precarie, dopo aver pagato bollette sempre più salate per colpa del carovita e medicinali che costano un occhio della testa, dopo che la polizia ci chiede i documenti perché la nostra pelle non è bianca, dopo aver fatto la spesa e pensato al cibo preferito de3 nostr3 car3, dopo esserci preoccupate che tutti i nostri affetti stiano bene, dopo aver preso almeno due mezzi di trasporto in cui minimo cinque sconosciuti avranno invaso la nostra sfera visiva, fisica ed emotiva. Questa è la nostra giornata tipo e non è extra-ordinaria, ma la realtà quotidiana che emerge dai racconti di tutte.
Nelle giornate come il 25 novembre lo Stato e le istituzioni ci concedono solo di piangere le vittime, sfilare con le fiaccole, inaugurare la panchina rossa cittadina e assistere all’abolizione dell’educazione sessuoaffettiva nelle scuole; scuole che vedono i militari e le forze dell’ordine portare la guerra e la propaganda bellica in spazi che dovrebbero essere luoghi di educazione e formazione intima e collettiva. Le risposte che arrivano dall’alto prevedono tagli sempre più ingenti a centri antiviolenza e a consultori, dispiegamento di forza di polizia e inasprimento delle pene carcerarie per poter conservare il sistema attuale in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. È chiaro: valiamo solo da mort3.
Ma la rabbia (fatta anche di frustrazione, stanchezza, vulnerabilità) che sentiamo va ben oltre le false mura che ci costruiscono, oltre la sicurezza di cui tanto ci parlano. La rabbia stessa diventa tessuto relazionale e materiale che ci fa sentire più sicur3 nelle nostre case e nei luoghi che frequentiamo, dai posti di lavoro alla strada; un vocabolario relazionale e sociale che vogliamo riscrivere insieme. Lasciandoci permeare il cuore e il corpo da quell’orizzonte di liberazione con cui la resistenza del popolo palestinese ha acceso tutto il mondo, martedì vogliamo ripercorrere quelle strade che facciamo tutti i giorni, ma insieme.

Siamo critich3 verso questo sistema razzista, classista e patriarcale ma esistono cose che ci rendono felici, cose che già esistono e cose che vogliamo realizzare.
E ce le vogliamo prendere.
I nostri corpi non sono luoghi di conquista!

Per tutte le sorelle che lottano ogni giorno per restare vive, per una vita bella, insieme.
Unit3 nella rabbia.
Protett3 nella sorellanza.
Contro la guerra e il sionismo, Palestina libera dal fiume fino al mare.

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