Arrivare ad Atene senza vederne il mare, per poter dare una risposta sincera ed incondizionata alla domanda: “ma sarà una città di mare?”
Che poi cosa significa non lo so bene nemmeno io: strade larghe in stile California? Viali di palme, chioschi che servono bibite fresche agli angoli delle strade, giovani che sfrecciano sui rollerblade e ragazzi in costume ed infradito nei bar?
Atene non è così, riesce a “nascondere” il suo mare relegandolo ad alcuni quartieri lontani dal centro e dall’Acropoli, ben distante dalle vie intasate di negozi in perfetto european style e dalle decine di baretti, ristoranti e caffè che accompagnano il turista medio nella sua prima uscita serale.
Non so bene ancora nemmeno io perchè tutta questa importanza al mare, o meglio, al fatto che vivo in una città di mare, appoggiata sul mare e contornata da decine di isole.
Forse semplicemente perchè è la prima volta che mi capita in ventisette anni? Una risposta definitiva non c’è, sicuramente resta il fatto che questo mare, anche se ancora non l’ho visto né toccato, esiste e si lascia respirare, si fa vento improvviso che scompiglia i capelli dei passanti in Piazza Sintagma, trascina le pagine dei giornali abbandonati, rimbomba nel traffico cittadino, supera i confini impostigli dal cemento del porto e richiama continuamente a sé trasformandosi in desiderio di viaggio.
Arrivare al Pireo, salire sulla nave e dirigersi verso le isole. Imboccare la statale, lasciarsi alle spalle Tessaloniki, superare il confine e parcheggiare ad Istanbul. Chiudere la porta di casa, iniziare a camminare e perdersi tra le vie di Atene. Restare per ore seduti davanti ad una cartina in cui Albania, Turchia, Grecia e Macedonia si trasformano da nazioni ben distinte a possibili strade da percorrere.
Le dimensioni del viaggio sono pressoché infinite perchè una situazione ne crea un’altra, un incontro genera nuove destinazioni, una pausa la possibilità di chiacchierare. Occorrerà quindi fare delle scelte, prendere delle decisioni rispetto a ciò che si sta facendo e che si vorrebbe fare, avere il coraggio di rischiare e ricercare qualcosa di più, di sorprendente se l’abitudine trasforma la ricerca e l’osservazione in sterile quotidianità, avere la costanza di approfondire un argomento o una situazione nel momento in cui questa si presenta come interessante ed ostile allo stesso tempo.
Senza dimenticare che l’importante, in una città di mare, è continuare a navigare.