#Grecia – 22/02/13 Atene tra fiction e realtà

Mi sveglio quasi sempre presto alla mattina ed esco di casa senza leggere giornali o consultare siti web. Ascolto la radio ma difficilmente capisco le notizie. La televisione viene accesa solo quando Haissam, il mio coinquilino egiziano, decide che è arrivato il momento di consultare l’MTV greco. Facebook non mi convince.

In questi giorni di metà Febbraio la vita ad Atene scorre tranquilla: metropolitana funzionante, persone che fanno la spesa nei supermercati, Piazza Syntagma pulita e candida come cartolina impone,  il mercato del venerdì pieno di gente, le farmacie aperte, le macchine in strada, i cani appisolati sui marciapiedi, i tossici all’erta tra Omònia ed Akkademìa, i poveri seduti al bordo degli scalini che stringono tra le mani il cartello: PARAKALO MEINAO.

Due giorni fa rientro in ufficio e la mail di un amico italiano mi coglie un po’ di sorpresa:

“Ciao Rita, qui nevica…senti ma qui si leggono cose preoccupanti:


Che dici?

Baci baci
Miz”

Incuriosita leggo il link ed inizio a farmi domande. Poi il pomeriggio trascorre e la notte passa. Torno in ufficio l’indomani mattina ed un’altra mail mi colpisce.

“rita ci aggiorni su quello che sta accadendo?
e soprattutto, che sta succedendo ?
ci vorrebbe un pezzo più organico, una cronaca magari
aggiornaci, un bacione
a.”

A questo punto “inizio a preoccuparmi” ed a ricercare informazioni sul web. In breve tempo un flusso disordinato e discordante di notizie invadono me, la mia mente ed il mio computer: mi perdo tra link, news, video, fotografie, denunce.

ATENE BRUCIA E L’ITALIA SENTE IL CALDO DELLE FIAMME!

MINORENNI CHE PROTESTANO UCCISI E TORTURATI!

AGRICOLTORI DISTRIBUISCONO CIBO GRATIS!

ATENE: PARLAMENTO SOTTO ASSEDIO

GUERRIGLIA AD ATENE: DECINI DI FERITI, EDIFICI IN FIAMME!

LA GRECIA E’ CROLLATA DEFINTIVAMENTE. STANNO ASSALTANDO I SUPERMERCATI!

La guerra civile è alle porte. Sarà meglio rinchiudersi in casa?

Un po’ sbalordita e frastornata cerco di andare più a fondo ricostruendo quanto raccontato dai giornalisti e paragonando la narrazione alla realtà. Una realtà che è però personale, limitata al mio quotidiano che oscilla tra la vita della strada ed il desiderio di ritagliarsi momenti di solitudine e privacy in cui la casa ed il quartiere sono i luoghi della scoperta e del benessere.
In breve tempo capisco che la verità, se esiste, difficilmente la troverò su internet, e che la maggior parte degli articoli, soprattutto quelli scritti da giornalisti non greci per lettori non greci, sono spesso  un’accozzaglia di tesi complottistiche che mescolano falsità, notizie inesistenti e voglia di sensazionalismo. Un’onda di mezze verità che si fa subito virale generando panico, preoccupazione, ansia, ipotetico crollo degli investimenti e un po’ di rabbia (ma solo un po’!)
La Grecia descritta è quella di una società al collasso, quasi al limite della guerra civile, in cui la verità è censurata onde evitare che le informazioni possano nuocere alla campagna elettorale italiana o diffuse in Spagna dove la situazione parrebbe altrettanto fuori controllo. Si parla di supermercati assaltati dalla popolazione; di 150 agricoltori che rifiutandosi di distruggere tonnellate di arance e limoni si sono rivoltati e recati nelle strade delle città regalando la frutta ai passanti; di movimenti anarchici locali che hanno deciso di armarsi lasciando da parte assemblee e cortei per rapinare le banche; si diffondono dati inventati che raccontano di un aumento del 600% delle rapine nelle ultime cinque settimane…notizie vere, ma solo in parte.

Personalmente posso assicurare che la situazione in Grecia non è assolutamente delle migliori.         
Ma per per questo non servo certo io!
A partire dal 2008 la crisi finanziaria ha fatto emergere i problemi economici tenuti nascosti per anni generando l’aumento della disoccupazione, una crescita del debito pubblico (passato da 168 miliardi nel 2004 a 262 miliardi di oggi), il crollo della fiducia degli investitori, un aumento dei movimenti politici di estrema destra e del conseguente razzismo, crollo dei servizi sanitari, aumento della tossicodipendenza, discriminazione, rabbia ed una continua approvazione di pacchetti di austerità che stanno spingendo la popolazione verso una soglia di povertà facilmente oltrepassabile.
Il popolo greco si barcamena quindi tra stipendi da 600 euro al mese, pensioni da 1000 euro quando va bene, appartamenti freddi a causa dell’impossibilità di pagare il riscaldamento, chiusura delle scuole ed assemblamento di decine di bambini e bambine nelle stesse aule (con la conseguenza che i figli dei migranti o dei rom sono i primi ad essere esclusi!), riduzione continua dei salari minimi e diminuzione dei posti di lavoro nel servizio pubblico.

Tutto ciò non è una novità, sfortunatamente, e per capirlo a volte basta uscire in strada, parlare con le persone, partecipare ad una manifestazione e tenere gli occhi aperti.

Superato lo scock da iper-informazione giornalistica mi faccio un giro per prendere un po’ d’aria:  ripenso così agli incontri avvenuti nelle ultime settimane ed ai momenti di protesta a cui ho partecipato nel tentativo di individuare dei momenti concreti di manifestazione della crisi.
Mi vengono così in mente le cinque ragazze  africane con cui ho passato una piacevole domenica pomeriggio in riva ad un mare capace di far dimenticare lo stradone che scorre veloce a pochi metri da noi; alla lezione gratuita di greco di mercoledì sera in cui, per la prima volta, mi sono trovata dall’altra parte del banco insieme a un gruppo variegato di migranti; alla manifestazione di giovedì sera che, attraversando Thissìo e Petràlona, ha invaso le strade di cori di solidarietà nei confronti di Babakar Ndiaye (38enne senegalese ucciso l’1 Febbraio presso la metropolitana di Thissio nel tentativo di sfuggire ad un inutile controllo poliziesco) e Shehzad Luqman (26enne pakistano ucciso il 19 gennaio da due componenti di Alba dorata).

Le storie di vita vissuta diventano per me la rappresentazione più sincera e tangibile della crisi: i racconti di un razzismo dilagante tra le strade ed i banchi di scuola; l’assurdità di una politica migratoria che ti accoglie, ti concede la carta rosa (dopo numerosi tentativi e giorni passati al freddo di un marciapiede in attesa di poter entrare in un ufficio) ma non la possibilità di abbandonare il paese; l’inutile attesa di 8,9,10 anni per un permesso di soggiorno per motivi umanitari; la richiesta fatta ad una maestra da parte di una bambina etiope di 7 anni del giornale contenente le offerte di lavoro; il pagamento di 14 biglietti aerei falsi con la speranza di abbandonare la Grecia per poter andare in qualsiasi altro posto; la morte accidentale di un senegalse padre di due bambini che pur di sfuggire alla polizia decide di suicidarsi buttandosi sulle rotaie…

Questa è la mia crisi. Ed io, che di problemi proprio non ne ho, cerco il senso di questo mio essere qui cercando di vivere a pieno giorno dopo giorno le contraddizioni di questa città in cui ho deciso di abitare.

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