Cineforum in Boccaccio: WHAT YOU GONNA DO WHEN THE WORLD’S ON FIRE?

Giovedì 25 giugno 2020, FOA Boccaccio 003, via Rosmini 11, Monza

CINEFORUM, ingresso gratuito dalle ore 21, inizio proiezioni ore 21.30 (in caso di maltempo l’iniziativa verrà annullata)

WHAT YOU GONNA DO WHEN THE WORLD’S ON FIRE?

Roberto Minervini (USA, ITA, FRANCE 2018)

Il grande pregio e il limite, forse, del cinema di Roberto Minervini è il suo essere “in diretta”, perché parla del mondo e di ciò che lo scuote praticamente in tempo reale e perché sembra sempre in divenire, cangiante e sfuggente, come un fiume che cambia mentre scorre. E il nuovo What You Gonna Do When the World’s on Fire? è ancora più radicale in questa sua caratteristica.

Ambientato a Baton Rouge, in un quartiere a grandissima maggioranza abitato da afro-americani, il film racconta la condizione dei neri oggi attraverso tre storie: due ragazzini che vivono nella zona più pericolosa del quartiere; una barista che deve conciliare la sua vita e la militanza politica; il rinato partito delle Pantere Nere che vuole sconfiggere il rinato Ku Klux Klan che sta tornando a fare vittime.

Documentario che si dispiega secondo una sottile drammaturgia, il film di Minervini come sempre studia un ambiente a lui estraneo, vi entra in simbiosi e lo racconta dal di dentro, stavolta ponendo lo sguardo sui rigurgiti razzisti e le condizioni sociali di una fetta di popolazione enorme e dimenticata.

Girato in bianco e nero, What You Gonna Do When the World’s on Fire? è un saggio sull’America profonda e contemporanea, colta qui nel suo bisogno di ribellione verso lo status quo, nel tentativo di risalire la china di una questione politica e civile che per molti è disperata, e lo fa guardando a tre modi diversi di affrontare la questione, passando dalla paura per il mondo “on fire” alla lotta per spegnere quel fuoco e acquisire voce e giustizia. Ma Minervini sembra anche mettere in scena la difficoltà del suo cinema, il lavoro a tratti estenuante su quegli ambienti e quelle persone, come se il film fosse anche la testimonianza “critica” su un metodo di realizzazione.

Per questo sembra ancora più in diretta, immediato, a tratti affannato, perché Minervini vuole testimoniare la sua ostinata ricerca, la sua necessità di entrare in sintonia con gli esseri umani anche quando non gli riesce a pieno (o comunque un po’ meno dei suoi precedenti film), come se l’opera potesse anche riflettere sulle distanze culturali con i soggetti che si raccontano. Lo fa attaccandosi ai primi piani dei protagonisti, incollandosi alle loro parole e ai loro gesti, cercando di afferrare la profondità dei loro gesti e delle loro idee: non ci riesce a sempre e a volte pare girare a vuoto, ma anche nel guardare in viso la propria difficoltà e impossibilità dimostra la sua onestà e la sua capacità di subordinare le necessità del cinema a quelle dell’uomo.

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