Monza ferita

Cementificare gli ultimi fazzoletti di verde in città, “rigenerare” aree dismesse affollando i quartieri di nuove palazzine, trasformare spazi culturali in centri commerciali, desertificare le piazze, sgomberare spazi sociali a favore del business dell’aggregazione a pagamento e della ristorazione d’elité…cosa hanno in comune tutti questi processi in atto su Monza?
I soldi, il profitto, la speculazione. Chiamatelo un po’ come volete, ma il disegno della città che verrà è un quadro a tinte scure, un modellobasato sul consumo,di suolo e di merci.
Una folle corsa al denaro nelle mani di abili imprenditori e affaristi, spalleggiati da una classe politica interessata e piacente.
Ogni angolo della città è piegato alla volontà di questi loschi figuri, che parlano di “parchi urbani”, “residenze green”, “quartieri a impatto zero”, ma che nei fatti stanno assestando il colpo di grazia al territorio in cui viviamo.
Costruire nuovi caseggiati e nuovi centri commerciali non soddisfa alcuna esigenza della comunità. Anzi.
Sgomberare gli spazi sociali e governare gli spazi pubblici a suon di ordinanze e divieti non soddisfa alcuna esigenza della comunità. Anzi.
Questa è una vera emergenza, un processo che rischia di essere irreversibile, di fronte al quale oggi decine di biciclette hanno attraversato la città per porre all’attenzione di tutti l’urgenza di mobilitarsi: il lockdown, che non ferma gru e intrallazzi, non può essere una scusa per bloccare ogni forma di dissenso!
La critical mass ha raggiunto alcuni luoghi emblematici di questa trasformazione, ne sono stati scelti nove esemplificativi (ma purtroppo l’elenco potrebbe essere ben più lungo), nove ferite aperte della città che soffoca tra cemento, traffico, speculazione e controllo sociale.
In questi mesi in cui ci chiedono di rinunciare alle libertà più elementari, in cui da più parti giungono appelli asacrifici e responsabilità in nome della tutela della salute, crediamo sia fondamentale ribadire che il diritto alla salute passa in primo luogo dalla definizione di una città capace di opporsi alla dittatura del denaro e di ricostruire il proprio senso intorno alla salvaguardia degli spazi verdi, alla libertà di fruizione degli spazi comuni e pubblici, al recupero dell’esistente e dello sfitto come modello di sviluppo urbanistico.
LA MAPPA DELLE FERITE APERTE
1*IPER MAESTOSO
Emblematico esempio di rigenerazione urbana: un ex cinema trasformato in centro commerciale. Uno spazio culturale riconvertito a tempio del consumo. Un capolavoro firmato dallo studio Edidata e associati, gente col fiuto dei soldi.
2* MOSS
Moss s.r.l. è la società di ristorazione che, insieme con il CAI, ha deciso di comperare l’area di via Rosmini 11: sgomberare la FOA Boccaccio è un ottimo investimento per allargare il proprio business nel campo della ristorazione per ricchi.
3* NEI & VIA BERGAMO
Retate ogni sabato sera con sbirri antipatici e prepotenti, lucchetti e chiusura di parchetti pubblici, divieti di bere all’area aperta e di ascoltare musica con gli amici: questa la ricetta della Giunta contro il “degrado”. Si crea quindi il deserto sociale, per poi lamentarsi dell’insicurezza.La nostra soluzione: riempire le piazze con iniziative e contenuti.La sicurezza è stare insieme, vivere bene, guardandosi le spalle uno affianco all’altro; il vero degrado è la loro desolazione.
4*EX TINTORIA DE SIMONI
Sgomberare uno spazio sociale genera i mostri: i capannoni fatiscenti di via Boccaccio 6 sono l’emblema dell’abbandono in attesa del prossimo cambio di destinazione d’uso dell’area.
5* TORRI DI SANT’AMBROGIO
Undici piani di “lusso concreto e accessibile”: in quartiere però lo chiamano l’ecomostro di via Messa. Eppure tutto è pronto per il raddoppio delle volumetrie, è in arrivo infatti la seconda torre. Non c’è limite al peggio.
6* VIA ASPROMONTE
Altro esempio di stabile abbandonato dopo lo sgombero della FOA Boccaccio. Perché il CAI non realizza qui la sua tanto agognata palestra di arrampicata? Lo spazio c’è, basta lavorare sul consenso del proprietario.
7* RESIDENZA BRAMANTE
Il vecchio imperatore del mattone Giambelli regala alla città un altro colpo da milioni di metri cubi di cemento: centinaia di appartamenti nuovi gonfiano la bolla immobiliare e intossicano il quartiere di traffico.
8* FOA BOCCACCIO
L’unica esperienza di autogestione e di autorecupero in città è sotto attacco da parte della cordata CAI e MOSS srl: “alpinisti”, ristoratori, imprenditori del mattone hanno comperato l’area per far girare un pò di soldi. Loro però la chiamano “Casa della montagna”.
9* EX GARBAGNATI
Diciassette palazzine sono il grande intervento di rigenerazione urbana previsto per questa area dismessa. Un progetto dal devastante impatto ambientale diventa “Arborea Living”, residenze di lusso a tinta green.
10* VIA PEROSI
Resiste qui un appezzamento agricolo di oltre 10.000 metri quadri. Ma attenzione: da qualche mese sono spuntate recinzioni che fanno da preludio alla più classica delle colate di cemento, con due palazzi e oltre 40 appartamenti in arrivo. Sarà la “Residenza Live Green Monza”, come la definiscono gli avidi immobiliaristi che vogliono realizzarla: in questo quartiere di “green” ormai è rimasto giusto il colore dei cartelloni pubblicitari dedicati a queste squallide operazioni edilizie.
11* VIA DELLA LOVERA
La Giunta Allevi esplicita nel proprio piano di alienazioni e valorizzazioni di spazi in disuso, che per questa area di sua proprietà è alla ricerca di qualcuno che si impegni nel “recupero e rifunzionalizzazione dell’immobile mediante progetti di utilità pubblica/sociale/sportiva”. E’ quindi questa la sede perfetta per la “Casa della montagna” che il CAI ha invece deciso di progettare sull’area di via Rosmini, preferendo sgomberare la FOA Boccaccio piuttosto che impegnarsi nel recupero di un’area in disuso. Come mai? Quale tacito accordo tra la Giunta fascioleghista e gli ingordi progettisti del CAI?
12* BOSCO VERTICALE
Stefano Boeri firma il progetto di recupero dell’ex Monzacar e mette sul piatto 3 torri da 14, 11 e 8 piani. Sarebbe il Bosco Verticale in salsa monzese: Regina Pacis come l’Isola dunque? Tutto fa fa rima con gentrification, densificazione abitativa, traffico…
13* VIA TICINO
Due grattacieli da venti piani ciascuno e il consueto corredo di spazi commerciali sono la terribile minaccia che grava sul pratone alle porte di San Fruttuoso. Un colpo nell’occhio e uno al cuore per un angolo di città già saccheggiato da brutture e cementificazioni.
14* BOSCO DI SANT’ANASTASIA
In gergo tecnico si chiama “rimboschimento compensativo convenzionato”. Nella pratica è un bosco tra discariche, fabbriconi, centri commerciali e vialoni trafficati dipinto come la panacea di tutti i mali ambientali della città. Non sarà certo lui a salvarci dal male. Meglio prima smettere di costruire.
15* EX COTONIFICIO SCOTTI
Ciminiera sì? Ciminiera no? Ciminiera forse? Questo è il problema. O meglio, un pezzo del problema. La verità che anche qui il recupero di un’area dismessa passa dal consueto intervento residenziale (una vera e proprio cittadella con palazzi fino a 8 piani) destinato ad accrescere inquinamento e traffico in una zona a bordo di viale Battisti… altro lampante esempio del monotematico concetto di “rigenerazione urbana” della premiata ditta Allevi & Sassoli.
16* EX BUON PASTORE
Qui l’area dismessa presenta anche caratteri monumentali, ma la lunga mano dei palazzinari di turno (Bp Real Estate) non guarda in faccia a nessuno e si ipotizzano 4 condomini e l’alterazione completa di un’area storica nel centro di Monza.
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Una risposta a Monza ferita

  1. Cristina Bertolini scrive:

    Non c’è via Perosi, con il campo dove andrà a costruire “Live green”….

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