#Honduras – A come acqua, a come Astaldi

Mercoledì 9 ho seguito alcuni dirigenti del COPINH, realtà che difende
i diritti dei popoli indigeni, in una delle frequenti uscite verso
villaggi e comunità Lenca.
Obiettivo, informare e mobilitare la zona di Colomoncagua in merito
alla costruzione di una diga in un territorio di proprietà
comunitaria.
Cinque ore di viaggio che presto si ridurranno, visto che la
multinazionale italiana Astaldi sta livellando e raddoppiando la
carreggiata. Ufficialmente è un lavoro che rientra in un progetto di
sviluppo viabilistico tra Honduras e El Salvador. Non sfuggiva però la
stranezza di una strada tanto larga in una zona di montagna poco
abitata e povera, dove molte famiglie non possiedono nemmeno l’auto.
Le cose si sono fatte più chiare quando il governo ha comunicato di
aver preso decine di accordi con imprese nazionali ed estere per lo
sfruttamento di risorse nazionali. Estrazione di oro, platino, terre
rare e inizio di carotaggi per l’estrazione petrolifera, più la
ripresa dei lavori alla diga El Tigre, implicano l’utilizzo di
macchinari enormi, che esigono strade larghe e livellate.
L’Astaldi conosce bene tutto questo, lavorando in Honduras da decenni
nella costruzione di dighe, aereoporti e acquedotti. Dopo il 2004 fu
anche tra le società maggiormente coinvolte nel progetto di sviluppo
turistico “Bahia de Tela”, sul Caribe, affare fortemente limitato dal
sollevamento delle comunità Garifuna che lì vivono, spalleggiate da
associazioni internazionali, perchè avrebbe comportato espropri,
sfratti di massa e la distruzione dell’habitat costiero del golfo di
Tela.
Siamo stati accolti da una sessantina di persone, alle quali abbiamo
esposto i rischi della costruzione della diga, che oltre a ledere al
loro diritto comunitario, andrà a modificare l’ecosistema della zona,
bloccando il corso del fiume.
Abbiamo poi riportato loro le parole di alcuni abitanti che vivono in
una valle vicina a Las Esperanza, raccolte il giorno prima, dove la
presenza di una miniera di metalli ferrosi ha causato in pochi anni la
scomparsa di falde acquifere, l’avvelenamento del fiume vicino e
l’estinzione di mammiferi e volatili dai boschi, cacciati o spaventati
dall’assordante rumore dei macchinari usati.
Trasmessi in diretta dalla radio comunitaria “La voz lenca”, gli
interventi hanno sottolineato soprattutto due parole. “Territorio” e
come la legittimità di una lotta territoriale si fonda su chi vive e
fa vivere quel territorio e “mentira”, menzogna, pratica in cui queste
multinazionali eccellono. Promettono sviluppo, lavoro, corrente
elettrica e regali di vario tipo, o banalmente denaro, in cambio di
accordi privati sulla proprietà della terra, pratica illegale e senza
fondamento visto che la terra è comunitaria. In più, raccontano di
come i dirigenti del COPINH (o di altre realtà affini) accettino
favori, denaro, viaggi all’estero e borse di studio per i figli.
Menzogne utili a gettar discredito su chi si oppone a questi progetti
e a dividere le comunità.
Dopo un paio d’ore di assemblea partecipata ci si è dati appuntamento
tra un mese, per andare sui luoghi in questione e incontrare le altre
comunità coinvolte. Un mese di tempo perchè le persone si attivino e
ne coinvolgano altre, coerentemente alla visione movimentista e
orizzontale del COPINH.

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