Stamattina esco di casa verso le 10. dopo una puntatina in ufficio per vedere se Andrea ha dei commenti da fare rispetto all’articolo inviatogli ieri mi reco all’appuntamento previsto.
Manifestazione: non in Syntagma, non ad Exarchia!
Si parte invece dal mio quartiere (Pangrati) per attraversare Virona ed arrivare fino a Zografou, dove ha sede lo squat di cui vi ho parlato tempo fa
Questo perchè recentemente Villa Zografou ha subito un attacco fascista, fallimentare
e nel corso delle settimane successive alcuni squat della zona hanno deciso di dare una risposta collettiva a quanto accaduto.
La giornata è piacevole: il clima ateniese con il sole che arriva e scompare il tempo adeguato per farsi desiderare ancora un po’ invita tutti ad uscire. Seduta sulla panchina del parco vicino casa attendo la partenza restando in disparte: scrivo, disegno, osservo e quando ne ho la possibilità chiacchiero. Solitamente i miei interlocutori preferiti sono gli anziani della città. Anche oggi l’occasione non tarda: due anziane signore ottantenni si siedono proprio vicino a me. Ignorarsi è impossibile, io sono affascinata dai loro volti e loro non so bene da cosa. Entrambe provenienti dall’albania vivono in grecia da diversi anni. Una di loro si affretta nel dirmi che ha un nipote -Nicola- che parla inglese. Io gli racconto che vivo qui da 4 mesi, che sono stata a dicembre al confine con l’albania, a Flòrina, Prespa.
“12 ore di pulman…einai konda!” è vicino…
Mi innamoro di loro. Non mi trattengo e riprendo tutto il nostro incontro: bello riascoltare la nostra conversazione, i loro volti, la mia voce che parla un greco sbagliato e giusto allo stesso tempo. All’improvviso arriva Nicola: un ragazzino di 12 anni che non ha assolutamente voglia di parlare inglese con me e che, giustamente, preferisce correre dietro alla manifestazione che sta partendo.
Mi trattengo ancora un po’ perchè so che non le rivedrò più. Una delle due mi chiede che cos’è questa massa di gente ed io ho sola una parola per farmi capire senza incomprensioni: antifascisti.
Corro dietro alla manifestazione e riprendo, riprendo, riprendo. Ad un certo punto una “vecchia amica” mi si avvicina mentre sto riprendendo e mi regala un bacio sulla guancia. La videocamera ne registra lo schiocco. Bello non sentirsi soli.
Attraversiamo il quartiere coro dopo coro. Qui, come vi ho forse già detto, sono i cori e non la musica ad accompagnare i passi. Dopo due ore arriviamo a Villa Zografou. Ritrovo così familiarità: l’orto che inizia a dare frutti, il caffè nel bicchiere di polistirolo, il camino oggi spento, la vista mozzafiato dalla terrazza.
Sono già le 15.30. Non mi trattengo e mi reco a Metaxourgio, uno dei quartieri più belli di atene di cui non vi ho ancora parlato. Lo farò.
Prendo un pulman sconosciuto che attraversa la città portandomi quasi a destinazione.
Arrivata alla piazza mi reco al secondo appuntamento: una mostra fotografica che una ragazza marsigliese conosciuta mercoledì al corso di greco per stranieri mi ha consigliato di vedere.
L’aspettativa non viene delusa. Fotografie molto belle, al limite della pornografia, che esaltano la nudità di corpi maschili in pose diverse e sotto luci taglienti che rendono scultoree le forme.
Paola Revinioti è un’artista poliedrica che ha attraversato la scena LGBT anarco punk dagli anni 80 ad oggi. considerata ora artista, è stata prostituta, trans, fondatrice della fanzina trans-anarchica “Kraximo” di cui la mostra offre delle rare copie.
Invasa dalle immagini e dai video esco di lì con ancora più energia.
Motivata da quanto introiettato ed innamorata del quartiere tiro fuori ancora una volta la mia macchina fotografica ed inizio ad attraversare Metaxourgio procedendo a zig zag tra le due strade principali che lo racchiudono. Muri scrostati, immagini di donne sotto diverse forme, stradoni dalle curve maestose, ponti sotto cui rifugiarsi per rubare il gesto di un anziano che rovista nella spazzatura, bambini che giocano a pallone senza invitarmi (non c’è stato tempo!), porte, manifesti strappati, luci al neon.
Metro dopo metro porto così avanti i miei progetti fotografici immaginando il momento in cui vi mostrerò i risultati di queste esplorazioni che sono per me adrenalina pura.
Rientro a casa stremata. Haissam prega in camera sua rivolto verso la Mecca, e visto che l’ospite a cui non piaceva il farro non c’è più mi cucino un piatto pensando che preferirei mangiare altro pur di condividerlo con qualcun*.
Attendo la cottura suonando la chitarra che mi sono comprata ieri. Piccola, nera, necessaria. E mentre suono penso che come mi piace ritornare spesso nelle stesse strade di questa città (alcune le amo così tanto da doversi veramente tornare ogni tanto, quasi ne sentissi un’astinenza…) così mi ritrovo ancora una volta a suonare gli stessi quattro accordi di sempre: la minore, fa, do sol.
Mi sdraio sul divano quei 10 minuti utili per riposarmi e sono di nuovo in pista.