COSTRUIRE SOLIDARIETÀ contro la repressione

Pubblichiamo un terzo contributo di analisi in vista del corteo di sabato 9.

COSTRUIRE SOLIDARIETÀ CONTRO LA REPRESSIONE

Vent’anni di politica autorganizzata e di lotta in prima linea ci hanno obbligato a fare i conti con la repressione dello Stato, ma allo stesso tempo ci hanno anche insegnato che la solidarietà è un’arma. Denunce, processi, multe, condanne e assoluzioni sono parte integrante di un percorso politico che ha come obiettivo la trasformazione radicale del mondo che viviamo: saper fronteggiare collettivamente anche queste circostanze costituisce un aspetto fondamentale della nostra comunità politica.

Viviamo in tempi di guerra e come sempre in questi frangentiin cui si devono serrare i ranghi e zittire tutte le forme di dissenso possibile, il primo nemico da combattere è quello interno.

Stampa e politici, per riempire le loro pagine e i loro discorsi, amano strumentalizzare e utilizzare la favoletta di luoghi sempre più insicuri e del “buon cittadino costantemente messo in pericolo da un crimine incontrollabilecui si può porre rimedio soltanto aumentando le pene e il controllo, unica forma di gestione di un ordine sociale sempre più traballante.

Andare a un corteo, esprimere la propria opinione e il proprio disaccordo, lottare contro il dominio tecnocratico, dimostrare solidarietà alle persone detenutesono tutte forme di resistenza che espongono a una repressione sempre più massiccia e diffusa. Quella che era la quotidianità di chiunque facesse politica conflittuale diventa oggi materia di tribunale. L’unica divergenza ammessa è quella che rispetta le regole e che, seppur mobilitando grandi masse, non incide minimamente sui meccanismi del potere né scalfisce lo stato di cose presenti.

A Monza, l‘attuale giunta di centrosinistra non fa alcuna eccezione, situandosi in piena continuità con la precedente per quanto riguarda la politica securitaria e la narrazione della sicurezza. La Giunta Pilotto ha fatto anche meglio di quella precedente, sgomberandoci per ben tre volte in pochi mesi con la pretestuosa scusa della presenza di amianto e dell’ammaloramento degli edifici occupati.

Oltre a questo, per la prima volta in vent’anni, partirà anche un processo per il reato di occupazione in relazione all’esperienza di via Timavo, un grave precedente con cui Pilotto punta a colpire la nostra esperienza politica, attraverso un escamotage sempre più utilizzato dalle procure, ossia il tentativo di ridurre ad atto criminale un’attività ventennale di politica, autogestione e lotta sul territorio.

Non sarà certo questo processo, né gli altri che ci troviamo ad affrontare o che affronteremo, tanto meno gli sgomberi in successione, a porre fine alla nostra esperienza e alla nostra voglia di lottare

Rafforziamo percorsi di solidarietà e sensibilizzazione, facciamoci carico collettivamente di queste circostanze, esprimiamo complicità con chi è colpitə dalla repressione dello Stato!

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